"Attriti Creativi". Magari l'avessi capito prima.
Gli attriti non sono il problema. sono il motore. le divergenze sono il terreno dove l’idea inciampa, cade, e si rialza più forte
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Tre sfide aziendali da risolvere : complottismo, collaborazione e conflitti tra leader
Il mio primo giorno di scuola, il primo ottobre 1970, era freddo, mia madre mi mise il cappottino, mi guardò negli occhi seria e mi disse : “Mi raccomando Sebastiano. A scuola non litigare con nessuno!”. La cosa mi preoccupò molto perché mi mise in testa che avrei trovato molti attaccabrighe.
La mia mamma era in buona fede, ma avrebbe dovuto insegnarmi ad affrontarle bene le liti. Non solo ad evitarle. E magari a distinguere quelle utili da quelle inutili.
Lo avrei scoperto da solo molto dopo.
Nel frattempo evitai qualche occhio nero ma persi anche molte occasioni di miglioramento.
Meglio tardi che mai.
La collaborazione aziendale è spesso come una danza tra opposti: un equilibrio precario tra visioni divergenti, personalità complesse e obiettivi comuni. Quando il complottismo, le divergenze al vertice o la semplice incomprensione entrano in scena, il rischio di stallo è reale. Ma non temete: con gli strumenti giusti, anche le tensioni più accese possono diventare opportunità per innovare, crescere e costruire team più forti.
In questa newsletter :
Quando il complottismo entra in ufficio: come collaborare senza perdere la bussola
Strumenti pratici per affrontare divergenze radicali e creare un dialogo costruttivo.Le 3 verità sulla collaborazione aziendale secondo Daniel Coyle
Dalla sicurezza emotiva agli obiettivi condivisi: una guida pratica per costruire team efficaci.Divergenze al vertice: come riconoscere e risolvere i conflitti tra leader
Analisi e soluzioni per gestire scontri di potere e visioni divergenti ai piani alti.
Buona lettura.
Quando il complottismo entra in ufficio: come collaborare senza perdere la bussola.
Se la realtà è in discussione come si collabora con chi vede il mondo diversamente ?
Il fenomeno è sottile, ma sempre più presente: il complottismo ha varcato le porte delle nostre aziende. Non parliamo di discussioni da social media o dibattiti da bar, ma di situazioni concrete che impattano decisioni strategiche, progetti cruciali, collaborazioni quotidiane.
Ti sarà capitato di notarlo: quella riunione sulla digitalizzazione che si arena perché qualcuno è convinto che le big tech stiano tramando per rubare il know-how aziendale. Quel progetto di innovazione che si blocca perché c'è chi vede complotti dietro ogni aggiornamento tecnologico. Quella decisione strategica che non si concretizza perché le diverse "visioni della realtà" sembrano inconciliabili.
Il prezzo di questa polarizzazione? Progetti in ritardo, opportunità perse, team divisi e soprattutto una progressiva erosione della capacità di prendere decisioni efficaci.
La sfida del nostro tempo
Il complottismo in azienda non è semplicemente un problema di "credenze alternative". È una sfida complessa che tocca aspetti fondamentali del lavoro contemporaneo:
La fiducia nelle istituzioni e nelle autorità tradizionali è in crisi. Questo si riflette nella difficoltà di accettare direttive dall'alto o best practice consolidate.
L'overload informativo rende sempre più difficile distinguere tra fonti affidabili e disinformazione, anche in ambito professionale.
La polarizzazione sociale entra in azienda, trasformando decisioni operative in battaglie ideologiche.
Come affrontare il fenomeno
La tentazione di liquidare le "teorie alternative" come semplici farneticazioni è forte. Ma l'esperienza insegna che questo approccio non solo non funziona, ma spesso aggrava la situazione, creando ulteriori divisioni e resistenze.
Il framework P.O.N.T.E. per la gestione delle visioni alternative
Ho provato ad immaginare questo framework ( il nome mi pareva evocativo ) proprio pensando alle situazioni in cui visioni radicalmente diverse della realtà si scontrano in ambito professionale.
P - Prospettiva: comprendere senza giudicare
Il primo passo è fondamentale: dobbiamo resistere alla tentazione di etichettare chi ha visioni alternative come "complottista" o "irrazionale". La chiave è comprendere che spesso dietro queste visioni ci sono preoccupazioni legittime, espresse in modo problematico.
O - Osservare i pattern sottostanti
Dietro molte teorie del complotto aziendali si nascondono pattern ricorrenti:
Paura della perdita di controllo
Resistenza al cambiamento
Sensazione di esclusione dai processi decisionali
Esperienze negative passate
N - Nesso tra preoccupazioni e soluzioni
Il punto chiave è trasformare le preoccupazioni, anche quelle apparentemente irrazionali, in input costruttivi per il processo decisionale. Una paura del controllo delle big tech può tradursi in protocolli di sicurezza più robusti.
T - Tenere aperto il dialogo
La chiusura del dialogo è il terreno più fertile per il proliferare di visioni alternative della realtà. La sfida è mantenere aperta la comunicazione anche quando sembra impossibile.
E - Evolvere attraverso la sintesi
L'obiettivo non è convincere l'altro della nostra verità, ma costruire una comprensione più ricca e sfumata della realtà, che tenga conto di diverse prospettive e preoccupazioni.
Strumenti pratici per la gestione quotidiana
Nel concreto, come gestiamo queste situazioni?
Documentazione trasparente di ogni decisione: quando tutto è tracciabile e verificabile, il terreno per le interpretazioni alternative si riduce.
Implementazione graduale delle novità: permette di costruire fiducia attraverso piccoli successi verificabili.
Creazione di spazi sicuri per l’espressione dei dubbi: previene la formazione di narrative alternative sottotraccia.
Una nuova prospettiva sul dissenso
Il complottismo in azienda ci costringe a ripensare il nostro approccio al dissenso. Non si tratta più di stabilire chi ha ragione e chi ha torto, ma di capire come integrare diverse visioni della realtà in un framework operativo funzionale.
Come nota Amy Edmondson¹, le organizzazioni più innovative sono quelle capaci di creare spazi sicuri per il dissenso costruttivo. Anche quando questo dissenso assume forme che ci sembrano irrazionali.
La vera sfida
La vera sfida non è eliminare il pensiero alternativo dall’azienda - sarebbe impossibile e probabilmente controproducente. La sfida è costruire organizzazioni abbastanza resilienti da integrare visioni diverse della realtà, trasformando potenziali elementi di divisione in opportunità di crescita e innovazione.
Il nostro ego professionale è pronto per questa sfida?
Note bibliografiche:
¹ Edmondson, A. (2018) The Fearless Organization
² Grant, A. (2021) Think Again
³ Kahneman, D. (2011) Thinking, Fast and Slow
Le 3 verità sulla collaborazione aziendale secondo Daniel Coyle.
“Il Codice della collaborazione” rappresenta un contributo solido anche se non rivoluzionario alla letteratura sulla leadership organizzativa. Daniel Coyle, già noto per "Il piccolo manuale del talento", offre una prospettiva pragmatica sulla costruzione di culture collaborative efficaci.
Il libro, pubblicato da Apogeo a novembre 2024, sintetizza princip consolidati della psicologia organizzativa, presentandoli attraverso una lente accessibile e orientata all'azione.
Le sue interviste con diverse testare rivelano il sio pensiero: a Harvard Business Review ha affermato che "le organizzazioni che prosperano sono quelle in cui i membri del team si sentono supportati e valorizzati", mentre a Forbes ha sottolineato come "la vera innovazione fiorisca in ambienti dove la fiducia è presente e dove le persone si sentono libere di condividere idee e fallimenti".
Tra l’altro in una ntervista a Inc. ha precisato che "la chiave per costruire una cultura sana è riconoscere e affrontare le dinamiche negative prima che diventino radicate".
L'analisi delle organizzazioni ad alte prestazioni - da Google ai Navy SEAL - fornisce spunti pratici, anche se non esattamente innovativi.
Il suo approccio metodico alla creazione di ambienti collaborativi risulta più confermativo che rivelatorio.
I tre pilastri identificati:
La creazione di sicurezza emotiva.
La condivisione delle vulnerabilità.
La definizione di obiettivi chiari.
rappresentano una sintesi efficace di principi ben documentati nella letteratura sulla leadership.
Il vero valore del testo risiede nella sua capacità di tradurre concetti complessi in strategie attuabili, offrendo un framework strutturato per il miglioramento incrementale delle dinamiche organizzative.
Una guida metodica e motivante per rafforzare le fondamenta della collaborazione aziendale.
È un libro che conferma ciò che molti leader intuitivamente sanno, fornendo struttura e metodo alla loro comprensione istintiva.
A chi lo consiglio:
Se sei un/a manager di livello intermedio o un HR Business Partner, troverai in queste pagine strumenti concreti per costruire ambienti collaborativi efficaci. Il libroparla soprattutto a chi guida team di medie dimensioni e cerca un approccio pratico più che teorie astratte.
Meno adatto invece per C-level di grandi aziende o consulenti senior, che potrebbero trovare questi concetti già familiari.
Daniel Coyle è autore di bestseller del New York Times, ha costruito la sua reputazione attraverso un portfolio di opere significative nel campo dello sviluppo del talento e della cultura organizzativa.
Divergenze al vertice: come riconoscere e risolvere i conflitti tra leader.
Conflitti di leadership: come riconoscerli e superarli - una guida pratica
Hai mai assistito a due leader di spicco scontrarsi come titani, ciascuno fermamente convinto delle proprie ragioni? Le loro tensioni si diffondono nell'organizzazione come onde in uno stagno, generando incertezza e disagio tra i collaboratori. È una scena fin troppo comune, ma non inevitabile.
Questo articolo trae ispirazione da esperienze reali, osservando dinamiche aziendali che si ripetono con sorprendente regolarità. È rivolto sia a te, leader che desidera migliorare le relazioni con i colleghi, sia a te, collaboratore che osserva questi conflitti dall'esterno e cerca strumenti concreti per aiutare i propri capi a superarli.
I conflitti tra leader sono come impronte digitali: tutti diversi, ma riconducibili a schemi riconoscibili. Esploriamoli insieme.
Il grande classico: problemi di comunicazione
Immagina M. e G., due manager di successo. M. è diretto, va dritto al punto, preferisce email di tre righe. G. ama il dettaglio, contestualizza ogni decisione, redige report elaborati. Due stili comunicativi opposti che generano continui cortocircuiti.
La soluzione? Un'analisi degli stili comunicativi. Organizza un incontro in cui i leader analizzano il proprio stile comunicativo attraverso strumenti come il test DISC o il Myers-Briggs Type Indicator (MBTI).
Test DISC: Questo modello analizza il comportamento delle persone basandosi su quattro dimensioni principali:
Dominanza (D): indica come una persona affronta i problemi e le sfide.
Influenza (I): riguarda come una persona interagisce e persuade gli altri.
Stabilità (S): riflette il ritmo e la costanza con cui una persona affronta le attività.
Cautela (C): rappresenta il livello di attenzione ai dettagli e l'aderenza alle regole.
Attraverso il test DISC, M. potrebbe riconoscere una forte Dominanza, mentre K. potrebbe evidenziare un'alta Cautela. Questa consapevolezza li aiuterebbe a comprendere meglio le proprie inclinazioni e quelle altrui, facilitando una comunicazione più efficace.
MBTI (Myers-Briggs Type Indicator): Questo strumento identifica le preferenze psicologiche delle persone in quattro aree dicotomiche:
Introversione (I) vs. Estroversione (E): indica da dove una persona trae energia, se dal mondo interno o esterno.
Sensazione (S) vs. Intuizione (N): riguarda come una persona raccoglie informazioni, focalizzandosi su dettagli concreti o su possibilità future.
Pensiero (T) vs. Sentimento (F): descrive come una persona prende decisioni, basandosi su logica o su valori personali.
Giudizio (J) vs. Percezione (P): riflette l'approccio di una persona verso l'organizzazione e la struttura, preferendo pianificazione o spontaneità.
Attraverso l'MBTI, M. potrebbe identificarsi come un tipo ESTJ (Estroverso, Sensazione, Pensiero, Giudizio), mentre G. potrebbe risultare INFJ (Introverso, Intuizione, Sentimento, Giudizio). Questa comprensione delle loro differenze potrebbe facilitare una comunicazione più armoniosa.
Con queste informazioni, M. comprende che la sua sintesi estrema può sembrare superficialità; g. realizza che i suoi report dettagliati possono apparire come mancanza di focus.
Il risultato? Insieme creano un nuovo protocollo di comunicazione, un terreno comune dove incontrarsi. Ad esempio, concordano format specifici per email e briefing, riducendo drasticamente le incomprensioni.
Lo scontro di visioni: quando le strade divergono
Considera una situazione in cui devi decidere la direzione di un'azienda e hai due leader con idee opposte sulla strada da intraprendere. Uno vuole spingere sull'innovazione digitale, l'altro preferisce consolidare i processi esistenti. Chi ha ragione?
Qui entra in gioco un modello decisionale strutturato, uno strumento potente che trasforma il caos in ordine. Immagina di dover decidere sulla digitalizzazione dei processi aziendali. Il modello assegna ruoli chiari:
Responsabile: chi guida il processo di trasformazione digitale.
Approvante: chi ha l’ultima parola sulle decisioni strategiche.
Collaboratore: chi fornisce input tecnici e operativi.
Informato: chi viene tenuto aggiornato sui progressi.
Ogni decisione viene documentata, creando una traccia chiara delle responsabilità e delle motivazioni. È come avere una mappa in un territorio inesplorato.
La guerra dei territori: quando i confini sfumano
I confini sono come i guardrail dell'autostrada: quando mancano, il rischio di incidenti aumenta. In questo caso, i leader si riuniscono e disegnano letteralmente una mappa dei loro territori di competenza. È un esercizio illuminante che spesso rivela sovrapposizioni di cui nessuno era consapevole.
Ma non basta definire i confini; è fondamentale gestire le zone grigie, quelle aree dove le responsabilità si sovrappongono inevitabilmente. La chiave è creare protocolli condivisi, come semafori che regolano il traffico nelle intersezioni.
Il peso del passato: quando il personale diventa professionale
Le questioni personali sono come vecchie ferite che non guariscono. Il coaching tra pari è una sorta di fisioterapia relazionale: sessioni strutturate in cui i leader, guidati da un facilitatore esterno, imparano a ricostruire la fiducia reciproca.
Non si tratta di diventare amici per forza, ma di costruire un rapporto professionale solido. Il facilitatore guida esercizi di ascolto attivo e aiuta a identificare obiettivi comuni, trasformando vecchie tensioni in nuove opportunità di collaborazione.
I conflitti tra leader non sono un segno di debolezza, ma un’opportunità per crescere. Le divergenze, se affrontate con strumenti giusti e con una mentalità aperta, possono diventare la scintilla per un cambiamento positivo. Ogni scontro porta con sé il potenziale per una maggiore comprensione, una comunicazione più chiara e una collaborazione più efficace.
Non si tratta di vincere una battaglia, ma di costruire una squadra più forte. Perché alla fine, il successo non si misura dalle vittorie individuali, ma da quello che si riesce a creare insieme.
Ed eccoci arrivati alla fine di questa newsletter. Si lo so tante cose. Ma nessuno di che sia un professionista serio potrà mai sostenere che le soluzioni ai problemi complessi possano essere semplici. E la collaborazione tra umani al giorno d’oggi è un fenomeno molto complesso. Avanti sempre, la ruggine non dorme mai.
Qualsiasi feedback è apprezzato.
"La filosofia dell'aula scolastica di una generazione sarà la filosofia di governo della generazione successiva".
Abraham Lincoln