Ufficio, "umbizione" e unione: Il futuro del lavoro è un modo di essere.
Gli attriti non sono il problema. Sono il motore. Le divergenze sono il terreno dove l’idea inciampa, cade, e si rialza più forte.
Collaborazione, generazioni e nuove policy: come trasformare la presenza in ufficio in un vantaggio, riscoprire il valore della cooperazione e abbattere le barriere tra giovani e senior.
In questa newsletter :
1️⃣ Lavorare in ufficio oggi: come creare una policy efficace che valorizzi la presenza e non la imponga.
2️⃣ L’umbizione come chiave della collaborazione: il mix tra umiltà e ambizione per lavorare meglio insieme. Grazie
3️⃣ Superare il conflitto generazionale: perché "noi contro loro" non funziona e come trasformare le differenze in un vantaggio.
Buona lettura.
Come si lavora bene in presenza?
Una nuova policy su come si lavora in ufficio. Una necessità che in molti non considerano.
Nelle mie interazioni con coloro che svolgono ruoli ibridi, combinando lavoro da casa e presenza in ufficio, ho notato sentimenti sempre più contrastanti riguardo ai giorni trascorsi in ufficio.
Sebbene molti apprezzino l'opportunità di collegamento e varietà offerta dall'ambiente fisico dell'ufficio, c'è anche una sensazione di malcontento, specialmente per chi percepisce gli sprechi energetici.
Quanto tempo si perde in spostamenti, riunioni inutili, burocrazia, capi e colleghi difficili...
Prima della pandemia non lo vedevamo forse. Ma ora...
➡️È essenziale che chi perora la causa della presenza per lavori che potrebbero essere svolti da casa comprenda il vero scopo della presenza in ufficio per ottimizzare questo tempo e trasformarlo in un'occasione produttiva e piacevole.
➡️Inoltre è fondamentale che lo trasformi in policy comprensibili e che le comunichi pena la crescita di tensioni, conflittualità, insoddisfazioni.
Alcuni punti da tenere in considerazione , non nuovi ma che vanno affrontati con rinnovato spirito, serietà e determinazione di farli funzionare davvero, per creare una policy del “nuovo” lavoro dall’ufficio:
✅Gestione del tempo: stabilire linee guida chiare per la durata delle riunioni e l'utilizzo del tempo, per evitare inutili allungamenti e perdite di tempo.
✅Rispetto delle scadenze: imporre il rispetto delle scadenze concordate, promuovendo la responsabilità individuale e collettiva.
✅Comunicazione costruttiva e ascolto attivo: promuovere uno stile di comunicazione aperto, onesto e costruttivo, evitando linguaggi offensivi o diminutivi.
✅Gestione dei conflitti: adottare un approccio strutturato per risolvere i conflitti, incentrato sulla ricerca di soluzioni anziché sull'attribuzione di colpe.
✅Spazi per il feedback: creare spazi regolari per il feedback costruttivo, sia individualmente che in gruppo, per discutere progressi e aree di miglioramento.
✅Riconoscimento del lavoro: valorizzare e riconoscere il lavoro svolto da ciascun membro del team, per aumentare la motivazione e il senso di appartenenza.
✅Equilibrio lavoro-vita privata: rispettare l'equilibrio tra lavoro e vita privata dei dipendenti, evitando aspettative irrealistiche di disponibilità fuori dall'orario di lavoro.
✅Sviluppo professionale: incoraggiare e sostenere lo sviluppo professionale dei dipendenti, per favorire la loro crescita personale e di carriera.
✅Atmosfera inclusiva: creare un ambiente lavorativo inclusivo e rispettoso dei diversi background e prospettive.
La pena ed il rischio per chi giochicchierà su questi punti e compirà solo blande operazioni di ri-verniciatura sarà quella di ottenere team fintamente partecipativi che internamente ( e magari anche esternamente ) esecreranno con cinismo e sarcasmo un richiesta di lavorare in ufficio che non capiscono e non condividono più.
Un amico molto compente che ci dice la sua sul tema della collaborazione. Giuseppe Stigliano.
Giuseppe Stigliano, imprenditore, manager, keynote speaker e docente presso diverse università e business school internazionali, è Global CEO di Spring Studios, agenzia di marketing e comunicazione con sedi a Londra, New York, Los Angeles e Milano. Insieme a Kotler è coautore dei libri di marketing Retail 4.0 e Onlife Fashion. Nel 2024 è stato inserito nella lista di Thinker50 che riunisce i maggiori esperti mondiali di management. Il suo ultimo libro è Rivoluzione Retail, edito da ROI Edizioni.
SZ : Giuseppe grazie per essere qui. Ci dici la tua visione del tema “ Collaborazione in Azienda”?
GS : Credo che l’essenza della collaborazione in azienda risieda in una parola chiave. Non è "innovazione." Non è "sinergia." E no, non è neanche "resilienza."
La parola è umbizione.
No, non è un refuso. E non è neanche una trovata di marketing. È il mix perfetto tra umiltà e ambizione, ed è l’ingrediente segreto che rende le collaborazioni davvero efficaci, specialmente in un mondo in cui la tecnologia evolve più velocemente della nostra capacità di comprenderla.
Pensateci un attimo: quante volte, in una riunione, avete visto un leader o un collega senior chiudersi a riccio di fronte all’idea di un venticinquenne con un punto di vista più fresco? Quante volte le certezze accumulate in anni di esperienza si sono trasformate in muri insormontabili invece che in fondamenta per nuove idee?
Ed è qui che entra in gioco l’umbizione.
L’umbizione è la capacità di mettere da parte l’ego, ascoltare con autentica curiosità e, soprattutto, accettare che qualcun altro – magari meno esperto ma più vicino alle tendenze tecnologiche e sociali – possa avere una visione più lucida della realtà. Non significa rinunciare alla propria autorità o competenza. Significa usarle come strumento per amplificare le idee migliori, indipendentemente dalla loro fonte.
In un contesto in cui l’intelligenza artificiale, il Web3 e la trasformazione digitale riscrivono le regole del gioco, essere umbiziosi non è solo un’opzione: è una necessità. La collaborazione non funziona quando ognuno rimane trincerato nel proprio campo di competenza, convinto di sapere già tutto. Funziona quando si è pronti a mettersi in discussione, a fare domande, a riconsiderare anche le certezze più radicate.
Ecco un esempio concreto: immaginate un team che sta sviluppando una nuova strategia di marketing basata sull’intelligenza artificiale. Il senior manager conosce a fondo il mercato, ma non ha mai usato strumenti come MidJourney o ChatGPT. Il junior del team, invece, li utilizza ogni giorno per progetti personali. La differenza tra un team che fallisce e uno che eccelle sta nella disponibilità del manager ad accogliere il contributo del collega junior, anche se meno esperto di dinamiche di mercato, ma più attrezzato per comprendere il potenziale tecnologico.
Non è una perdita di controllo. È leadership.
Se volete rendere l’umbizione un valore pratico nella vostra organizzazione, ecco tre pilastri fondamentali da adottare:
1. Metti in discussione le tue certezze: Ogni volta che sei assolutamente convinto di qualcosa, chiediti: "E se mi stessi sbagliando?". Non è una resa; è un esercizio di apertura mentale. Poi magari serve solo a rafforzare la tua convinzione, ma provaci!
2. Amplifica le idee degli altri: La collaborazione non è una battaglia per il potere, è un gioco di squadra. Chiediti: "Come posso rendere l’idea di qualcun altro ancora più forte?". In un contesto così volatile vincono i curiosi, non i convinti.
3. Crea uno spazio per l’ascolto radicale: Non ascoltare solo per rispondere; ascolta per comprendere. Questo vale anche (e soprattutto) quando ascolti chi sta a un livello più basso della gerarchia, perché spesso la tentazione è invece di dare per scontato che ‘non ne sappiano abbastanza per dare un contributo reale’.
Per le persone con una certa esperienza essere umbiziosi è controintuitivo, lo so. Siamo abituati a pensare che dobbiamo avere tutte le risposte, altrimenti a che cosa sono serviti tutti questi anni di esperienza. Ma nel mondo di oggi, la vera leadership non riguarda il sapere tutto, ma il sapere disimparare e reimparare. Non riguarda il guidare sempre, ma il saper seguire quando è il momento. Spesso non significa creare, ma orchestrare.
L’umbizione è il ponte tra competenza ed evoluzione. È ciò che trasforma la collaborazione da semplice divisione dei compiti a un’esplosione di creatività e innovazione. E in un mondo che cambia alla velocità di un algoritmo, questo non è solo un vantaggio competitivo. È una questione di sopravvivenza.
Quindi, la prossima volta che vi trovate a collaborare con qualcuno, chiedetevi: sto cercando di avere ragione o sto cercando di fare la cosa giusta? Perché il vero motore della collaborazione non è l’esperienza. È l’umbizione.
"I giovani non hanno voglia di lavorare" VS "I vecchi ci hanno rovinato": perché entrambe le frasi sono sbagliate
Oggi mi sono imbattuto in un Reel su Instagram che mi ha fatto riflettere profondamente. Nel video, alcuni giovani criticavano aspramente la generazione dei loro genitori per aver beneficiato dell'impennata del mercato immobiliare.
I numeri sono chiari: quarant'anni fa, con uno stipendio medio di 13.200 euro, una casa di 100 metri quadri costava circa 85.000 euro. Oggi, con uno stipendio medio di 19.000 euro, la stessa casa supera i 180.000 euro. (Fonte Will Media)
Vero è che negli ultimi 70 anni, ogni generazione ha dovuto affrontare sfide che sembravano insormontabili:
· La generazione del dopoguerra (anni '50) ha dovuto ricostruire un paese in macerie, spesso con famiglie decimate e risorse praticamente inesistenti
· I loro figli (anni '60-'70) hanno attraversato gli anni di piombo, l'austerity, l'inflazione a doppia cifra e la minaccia costante della guerra fredda
· La generazione successiva (anni '80-'90) ha vissuto la deindustrializzazione, la perdita di milioni di posti di lavoro "sicuri" e l'necessità di reinventarsi completamente
· I Millennial hanno affrontato due crisi economiche (2008 e 2011), una pandemia globale, la guerra in Ucraina e un'inflazione ai massimi da 40 anni
Ogni epoca ha le sue crisi, le sue sfide, i suoi ostacoli apparentemente insuperabili.
Non è una gara a chi ha sofferto di più. Per la prima volta nella storia recente, ripeto recente, una generazione rischia di essere meno ricca della precedente, questo è un fatto.
Ma proprio per questo, invece di alimentare un conflitto intergenerazionale, dovremmo imparare dalla resilienza di chi ci ha preceduto e dalla capacità di innovazione di chi sta emergendo ora.
Forse è il momento di fare un passo indietro e guardare il quadro completo.
La storia dell'umanità è costellata di sfide epocali. I nostri nonni hanno affrontato guerre mondiali, i nostri genitori crisi economiche devastanti, noi una pandemia globale. Ogni generazione ha dovuto confrontarsi con le proprie montagne da scalare.
Immaginate il tempo come una lunga linea retta: a un'estremità il passato, all'altra il futuro. È naturale che le generazioni più giovani, trovandosi più vicine al punto "futuro", abbiano una visione più nitida delle tendenze emergenti, delle nuove tecnologie, dei cambiamenti sociali in arrivo.
Allo stesso modo, le generazioni più mature, essendo più vicine al punto "passato", hanno una comprensione più profonda delle lezioni della storia, dei cicli economici, delle dinamiche che si ripetono. Non è una questione di "giusto o sbagliato", ma di prospettiva naturale: ognuno vede più chiaramente la parte di orizzonte temporale che gli è più vicina.
Ed è proprio questa complementarietà di visioni che rende il dialogo intergenerazionale non solo utile, ma essenziale per navigare il presente.
Ma cosa stiamo facendo oggi?
Vedo Millennials che puntano il dito contro i Baby Boomer per il cambiamento climatico e il mercato immobiliare inaccessibile.
Vedo la Gen x che critica la Gen z per la sua presunta "fragilità" e "mancanza di dedizione al lavoro".
Mi chiedo: questo scambio di accuse a cosa ci porta?
E se immaginassimo un possibile futuro distopico, non così lontano dalla realtà? Provo a fare il futurologo anche se non sono propriamente titolato, ma ci provo.
Un 2040 dove il divario generazionale è diventato una frattura insanabile. Le città sono divise in zone per fasce d'età, con barriere fisiche e digitali.
I giovani hanno creato economie parallele basate su criptovalute e realtà virtuale, rifiutando completamente il sistema precedente. Gli over 50 controllano ancora le leve del potere tradizionale, ma sono isolati in comunità chiuse, aggrappati a un mondo che sta svanendo.
Le aziende sono diventate campi di battaglia generazionali: da una parte startup composte solo da under 30 che rifiutano qualsiasi "contaminazione" con l'esperienza passata, dall'altra corporation tradizionali che non assumono più giovani per "preservare la cultura aziendale".
Il risultato? Un'economia e un società frammentata, litigiosa, inefficiente, dove la conoscenza non fluisce più tra generazioni.
Magari fantascienza, lo ammetto, ma forse qualcosa di plausibile c’è.
La soluzione non sta nel dividerci, ma nel ricordare che siamo tutti parte della stessa storia umana.
Pensiamo a questo:
· I veterani portano esperienza, resilienza e conoscenza dei processi
· I giovani talenti portano innovazione, agilità digitale e nuove prospettive
· La Gen X fa da ponte, con la sua capacità di mediare tra tradizione e cambiamento
È tempo di sostituire il "noi contro loro" con un "noi con loro". La "noitudine " di cui scrivo in "Lavorare è collaborare".
La storia ci dimostra come la collaborazione intergenerazionale, anche caratterizzata da ampi divari d'età, abbia portato a risultati straordinari in diversi campi.
Al momento della prima collaborazione, Bennett aveva 88 anni e Lady Gaga 28, con una differenza d’età di 60 anni.
Questa partnership ha unito l’esperienza del jazz di Bennett con la versatilità pop di Lady Gaga, ottenendo un enorme successo.
In effetti molti di noi non sono né Lady Gaga né Tony Bennet, per questo parlavo di slealtà.
Ed è proprio qui il punto: la sfida è ancora più importante per noi "persone comuni". In un mondo sempre più competitivo e complesso, non possiamo permetterci il lusso della conflittualità generazionale. Al contrario, dobbiamo sviluppare una mentalità imprenditoriale, indipendentemente dal nostro ruolo o età.
Quando siamo consumatori, cosa chiediamo alle aziende e ai professionisti che ci servono? Competenza, innovazione, capacità di risolvere problemi, attenzione al cliente. Non ci interessa l'età di chi ci serve, ma il valore che sa generare.
Certo, è più comodo quando sei il cliente. Per questo allo stesso modo, per la stessa dinamica nel lavoro, dovremmo concentrarci su:
· Diventare insostituibili attraverso competenze uniche
· Sviluppare la capacità di aggiungere valore concreto
· Coltivare una mentalità imprenditoriale, anche come dipendenti
· Vedere ogni interazione intergenerazionale come un'opportunità di crescita
Invece di cercare colpevoli, potremmo:
· Creare programmi di mentoring bidirezionale
· Promuovere team intergenerazionali
· Valorizzare i punti di forza di ogni generazione
· Costruire una cultura del rispetto reciproco
In fondo, non stiamo parlando di "giovani" contro "vecchi", ma del futuro dell'umanità. Un futuro che possiamo costruire solo insieme.
https://www.este.it/agenda-convivio-milano-20-febbraio-2025/
Ci si vede a :
IL CONVIVIO – Strategie e strumenti per l’HR MILANO 2025
Giovedì, 20 Febbraio 2025 - 18:30/venerdì, 21 Febbraio 2025 - 18:00
Il Convivio è l’evento dedicato ai temi delle Risorse Umane organizzato dalla casa editrice ESTE e dalla sua rivista Persone&Conoscenze: un’occasione di approfondimento sullo stato dell’arte di prodotti, servizi, consulenza, formazione, selezione per la gestione delle persone.
IL TEMA: LA POTENZA DELLE RELAZIONI
Riscoprire l’umanità e il valore delle relazioni è diventata una priorità in un mondo nel quale l’interazione tra le persone è ormai mediata dai device. Se prima la tecnica era un mezzo oggi è diventata un mondo e questo ci porta a confondere il mezzo con il fine. La realtà virtuale è diventata un contesto all’interno del quale ci muoviamo e sviluppiamo la vita di relazione. Sarebbe un errore confondere l’interazione online con il rapporto umano, ma le modalità che abbiamo di relazionarci si stanno trasformando e rischiano di tradursi in abitudini pericolose per una vita sociale che tenga conto dei valori dell’umanità e della sua cultura. Stiamo disimparando a confrontarci e, se la capacità di relazionarci si impoverisce, quali conseguenze dobbiamo prevedere nel mondo del lavoro?
https://www.este.it/agenda-convivio-milano-20-febbraio-2025/
Ed eccoci arrivati alla fine di questa newsletter.
Il mondo del lavoro cambia, a volte ci spiazza, altre volte ci mette alla prova. Oggi più che mai, non possiamo permetterci il lusso di isolarci, di aggrapparci alle nostre certezze o di costruire muri tra generazioni e modi diversi di lavorare.
L'ufficio può essere un'opportunità o una gabbia, la collaborazione può essere un'arma o una risorsa, le differenze possono dividerci o renderci più forti. La scelta è nostra.
Immaginate un futuro in cui non dobbiamo più difendere il nostro posto, ma conquistarlo ogni giorno con competenza, apertura e rispetto reciproco.
Un futuro in cui l’energia non si spreca in conflitti sterili, ma si moltiplica grazie alla fiducia e alla capacità di ascoltare.
Perché il lavoro non è solo ciò che facciamo.
È il modo in cui scegliamo di stare insieme.
Qualsiasi feedback è apprezzato.
"L'umiltà non è codardia. La mansuetudine non è debolezza.
Umiltà e mansuetudine sono in effetti poteri spirituali".
Swami Sivananda