Gratitudine anticipata: l'investimento più redditizio sulla performance
Come un semplice cambio di prospettiva temporale può trasformare risultati e relazioni in qualsiasi organizzazione.
Questa newsletter è diversa.
Ho introdotto alcune novità, non per cambiare tanto per cambiare, ma perché sentivo il bisogno di allineare ancora di più forma e sostanza.
Il mio desiderio è che non lasci solo un'impressione passeggera, ma che sia davvero utile.
Utile a fare bene. A ottenere risultati, sì, ma senza rinunciare all’umanità.
Se può aiutare anche solo una persona a fare la sua Grande Differenza, allora ne sarà valsa la pena.
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Avevo quattordici anni quando mi hanno messo davanti alla prima pressa. Estate in fabbrica, come facevano tutti i ragazzi fine anni '70. La scuola chiudeva e noi ci trasformavamo in piccoli operai temporanei.
Luciano era il capo reparto assegnato. Sempre coperto di polvere, ossuto, di poche parole, sempre imbronciato. Quando facevamo bene annuiva. E basta. Non diceva "bravo" o "grazie". Non diceva nulla. Mai.
I vecchi operai e datori di lavoro consideravano la gratitudine una debolezza, persino pericolosa.
"Questi giovani," dicevano durante le pause sigaretta, "li ringrazi e poi si montano la testa."
Così la pensavano anche i datori di lavoro che avevano fatto così anche con loro.
Noi lavoravamo lo stesso, forse non benissimo. Di sicuro non pensavamo più di tanto che un "grazie" ce lo meritavamo. Era quella cultura lì. Andava così.
Poi la vita – quel grande, imprevedibile spettacolo circense – mi ha fatto incontrare capitani e capitane d'azienda capaci di grandi risultati che hanno mandato in frantumi quella ruvida e improbabile saggezza operaia. Ho visto con i miei occhi come un semplice "grazie" poteva trasformare un dipendente svogliato in uno motivato. La gratitudine espressa, scoprii con stupore, non era affatto un segno di debolezza ma uno strumento potente.
E così ho dovuto rivedere tutto, come quando ti accorgi che la Terra non è piatta ma tonda (ok, adesso ho probabilmente perso qualche iscritto ). Una piccola rivoluzione copernicana personale nel mio modo di vedere i rapporti di lavoro.
Grazie.
O, addirittura "Grazie in anticipo per come affronterai questa sfida." Nove parole. Non una semplice formula di cortesia, non un trucco retorico. Nove parole che sembrano ordinarie ma che, osservando attentamente, possono cambiare la dinamica di un team. Potrebbero essere l'investimento relazionale con il rendimento più alto che un manager possa fare oggi.
Alcune settimane fa, ho condiviso questa riflessione su LinkedIn. Non mi aspettavo il fiume di risposte che è seguito. Commenti, messaggi privati, richieste di approfondimento, e anche qualche perplessità. Il post ha toccato qualcosa di profondo. Una corda sensibile nelle nostre esperienze professionali.
In effetti, il tema è più complesso di quanto appaia.
Da un lato, il potere del ringraziare sembra scontato, al pari della gentilezza — chi potrebbe mai opporsi?
Dall'altro, qualcosa stona: si ringrazia dopo, non prima. La gratitudine anticipata sembra una distorsione temporale, quasi un'eresia logica.
Eppure è proprio questa distorsione temporale che può trasformare come lavoriamo e collaboriamo insieme.
In questo articolo vorrei dunque provare a esplorare in maniera più attenta la profondità di questo approccio e, senza generalizzare, se e come può diventare uno strumento potente nel nostro arsenale manageriale.
L'inversione temporale: quando il grazie precede l'azione
"Voglio il gelato?"... "Come si dice?"... "Per favore".
Per favore, grazie. Due parole che impariamo da piccoli, nell'ordine implacabile che i genitori ci insegnano: prima chiedi con gentilezza, poi ringrazi per ciò che ottieni. Un rituale linguistico che ci accompagna dall'infanzia.
Crescendo, lo decliniamo in modo più sofisticato, pragmatico e smaliziato. Prima ottieni, poi ringrazi. Vedere moneta, mostrare cammello...
Nell'ecosistema aziendale, regno di numeri e risultati, questa sequenza diventa legge non scritta. Il concetto stesso di meritocrazia si basa sul riconoscimento che segue il risultato, mai che lo precede.
In Italia, e in genere nei paesi mediterranei, questa visione è particolarmente radicata. Non è un caso che "lavoro" derivi dal latino "labor" - fatica, sforzo, persino pena. In altre lingue romanze, la situazione è anche peggio: il francese "travail" e lo spagnolo "trabajo" derivano direttamente da "tripalium", uno strumento di tortura a tre punte. "Grazie" dunque appartiene al dopo, non al prima. Segue qualcosa che è accaduto, non che accadrà.
Ma se questo approccio fosse incompleto? Se questa lente temporale attraverso cui vediamo la gratitudine ci stesse facendo perdere qualcosa di prezioso?
La fiducia prima del risultato: l'essenza della gratitudine anticipata
Facciamo subito una distinzione fondamentale: la gratitudine come formula linguistica e la gratitudine come esperienza emotiva autentica sono due universi diversi.
La prima è superficie, convenzione sociale, a volte maschera. La seconda è sostanza, connessione umana, sempre trasformazione. È questa seconda forma che ci interessa qui.
Quando diciamo "grazie in anticipo" possiamo farlo come espressione vuota, un espediente retorico che risuona cavo oppure come manifestazione autentica di fiducia. Non stiamo cercando una formula magica per manipolare le persone a produrre di più. Sarebbe non solo inefficace, ma eticamente discutibile.
Ciò che stiamo esplorando è cosa accade quando la gratitudine smette di essere una formula di cortesia e diventa un atto di fiducia preventiva.
Stephen M.R. Covey1, con il quale ho avuto la fortuna di confrontarmi anni fa, condensa anni di studio sull'impatto della fiducia in modo sorprendentemente semplice. Nel nostro incontro ha usato un esempio. "Mi fido di te", ha detto. "Cosa significa davvero questa frase? Significa 'ti do credito'." Non a caso in inglese fiducia si dice trust, la stessa parola che indica anche i fondi fiduciari.
Covey sostiene che ogni relazione ha un "conto corrente emotivo" dove effettuiamo depositi e prelievi. Quando facciamo una promessa e la manteniamo, effettuiamo un deposito. Quando critichiamo qualcuno pubblicamente o non manteniamo un impegno, facciamo un prelievo. Il saldo di questo conto determina la qualità della relazione e la sua capacità di resistere alle tensioni.
La gratitudine anticipata, in questa prospettiva, rappresenta un deposito significativo: stiamo esprimendo fiducia prima ancora di vedere risultati concreti. Non è un anticipo da restituire, ma un credito che crea possibilità prima inesistenti. È come dire: "Vedo in te potenzialità che forse tu stesso non vedi ancora. Ti do credito per ciò che puoi fare, non solo per ciò che hai già prodotto."
Questo tipo di gratitudine funziona esattamente come un investimento preventivo: "Ho fiducia che il tuo contributo sarà prezioso, e te lo riconosco già ora".
Ribalta completamente la logica convenzionale del "dimostra e poi sarai riconosciuto". Al suo posto, crea un ciclo virtuoso: la fiducia preventiva genera responsabilità, non la richiede come prerequisito.
Cosa dice la scienza
"La differenza tra una signora e una fioraia non sta nel suo comportamento, ma nel modo in cui viene trattata."
È la giovane Liza Doolittle che pronuncia queste parole sul palcoscenico, nella celebre opera "Pigmalione" di George Bernard Shaw del 1912. L'umile fioraia, trasformata in una raffinata dama dell'alta società grazie alle attenzioni del professor Higgins, comprende una verità profonda quando aggiunge:
"Sarò sempre una fioraia per il professor Higgins, perché lui mi tratta sempre come una fioraia e lo farà sempre; ma so che posso essere una signora per te, perché tu mi tratti sempre come una signora e lo farai sempre."
Shaw non aveva scelto casualmente il titolo della sua opera. Si era ispirato all'antico mito greco narrato da Ovidio nelle "Metamorfosi": Pigmalione, scultore di Cipro, innamoratosi della statua d'avorio da lui stesso creata, implora gli dei finché questa non prende vita sotto le sue mani. 2La metafora è potente: diventiamo ciò che gli altri ci vedono essere.
Mito, arte, scienza. Nel 1964, lo psicologo di Harvard Robert Rosenthal diede evidenza empirica al mito. Condusse un esperimento destinato a diventare leggendario. Disse ad alcuni insegnanti che determinati studenti (in realtà scelti completamente a caso) mostravano un potenziale intellettivo straordinario. Otto mesi dopo, quegli stessi bambini registravano effettivamente progressi superiori rispetto ai compagni. Non perché fossero realmente più dotati, ma perché i loro insegnanti, inconsapevolmente, li trattavano in modo diverso.
Rosenthal chiamò questo fenomeno "effetto Pigmalione"3, chiudendo così il cerchio iniziato con il mito greco e passato attraverso il teatro di Shaw: le aspettative che nutriamo verso gli altri hanno il potere di trasformarli.
Una dinamica relazionale concreta, particolarmente potente nei rapporti professionali.
Uno studio su 904 coppie manager-dipendente ha confermato questo meccanismo nel mondo aziendale: le aspettative dei leader attivano una profezia che si auto-avvera. Ma attraverso quali comportamenti specifici?
La ricerca ha identificato tre leve principali:
Obiettivi più specifici e impegnativi - I leader con alte aspettative definiscono traguardi più chiari e ambiziosi
Opportunità di crescita ampliate - Offrono maggiori spazi di sperimentazione e responsabilità
Fiducia preventiva - Investono nella relazione prima di vedere risultati tangibili
A livello neurobiologico, questa dinamica lascia tracce misurabili. Il neuroscienziato Paul Zak ha dimostrato come la fiducia percepita stimoli il rilascio di ossitocina - un neurotrasmettitore che modifica profondamente le nostre risposte sociali. Questo cambiamento biochimico riduce lo stress, amplifica la collaborazione e sblocca capacità cognitive superiori.
In questo contesto scientifico, la gratitudine anticipata non è una formula di cortesia, ma uno strumento di leadership fondato su meccanismi neurali verificati, che modifica in modo misurabile le dinamiche interpersonali.
La professoressa Amy Edmondson4 di Harvard descrive questo fenomeno in termini di "sicurezza psicologica" - l'ambiente creato da un leader in cui le persone si sentono libere di rischiare, sperimentare e imparare senza timore di ritorsioni. Quando un leader esprime gratitudine anticipata, contribuisce a creare questo tipo di ambiente, che è il terreno più fertile per l'innovazione e la crescita.
E in azienda?
Un dato sorprendente che ho trovato è che "Le persone ringraziano più facilmente un cameriere (58%) che il proprio partner (49%)"5. La gratitudine quotidiana è spesso delegata al rito sociale, non all'intimità. Tantomeno nelle occasioni che contano, verrebbe da dire.
In azienda, ad esempio, persiste uno strano cortocircuito:
l'88% dei lavoratori afferma che esprimere gratitudine ai colleghi li fa sentire più felici e realizzati
solo una persona su dieci ringrazia i colleghi quotidianamente.
Ancora meno - appena il 7% - trova il coraggio di ringraziare il proprio capo.6
Paradossalmente, l'81% dei partecipanti dichiara che lavorerebbe più volentieri e con maggiore impegno se il proprio capo fosse più riconoscente. E il 95% crede che un leader grato abbia più probabilità di successo. I numeri raccontano una storia chiara: la gratitudine è una leva strategica sottoutilizzata.
La verità è che la gratitudine in azienda non è un "extra" emotivo, ma un potente motore di performance che produce effetti collaterali sorprendentemente positivi. Una meta-analisi del 2023 ha confermato che gli interventi di gratitudine migliorano benessere, qualità del sonno e salute mentale. Studi più recenti mostrano persino riduzioni nella pressione sanguigna e aumenti nell'ottimismo.7
Il nodo concettuale è proprio questo: la gratitudine non è un premio a obiettivo raggiunto, ma una forma di fiducia preventiva. Dire "grazie in anticipo per come affronterai questa sfida" non è un atto di cortesia: è una profezia che si autoavvera, un investimento strategico nel potenziale umano che sta dimostrando di produrre risultati tangibili.
Ma cosa succede quando la gratitudine viene espressa in anticipo, prima che il lavoro sia svolto?
La professoressa Hooria Jazaieri della Santa Clara University ha scoperto qualcosa di sorprendente8: le persone che ricevono gratitudine prima di affrontare un compito complesso completano più attività e mostrano maggiore perseveranza rispetto a chi viene ringraziato dopo o non viene ringraziato affatto. È come se il "grazie preventivo" attivasse risorse interiori che altrimenti resterebbero dormienti.
I numeri parlano chiaro:
Il 70% dei dipendenti si sentirebbe meglio con sé stesso se il proprio capo fosse più grato, e l'81% lavorerebbe più duramente. 9
Applicazioni pratiche: come implementare la gratitudine anticipata
Durante la mia carriera nel mondo della moda, ho imparato che le parole giuste cambiano tutto. Nei primi anni Duemila ero direttore commerciale di una azienda di abbigliamento per il mercato Italia e fui chiamato nell'ufficio del capo. La sfida: digitalizzare i campionari, metterli su tablet. Una rivoluzione.
"Gli agenti ci manderanno a quel paese," pensai.
Il mio capo mi guardò. Non era un tipo ordinario. Vedeva dentro le persone, capiva cosa le muoveva. Non parlava mai a caso.
"Ti ringrazio fin da ora," disse, "per come gestirai questo progetto."
Non aveva ancora finito, ma io già non capivo più. Mi stava ringraziando per qualcosa che non avevo fatto.
"So che gli agenti faranno resistenza e che incontrerai ostacoli tecnici, probabilmente anche un po' di caos. Ma ti ringrazio perché so che posso fidarmi e che in qualche modo farai, come al solito"
Uscii stordito, come se mi avesse dato una versione migliorata di me stesso da interpretare. Un personaggio che ancora non esisteva.
I mesi successivi furono esattamente il casino che avevo previsto. Gli agenti, alcuni con trent'anni di lavoro alle spalle, insorsero. "I clienti vogliono toccare!" "I colori non si vedono giusti!" "È roba buona per gli americani ma qui non funziona"
Il software ritardava. I tablet si bloccavano. La versione digitale delle collezioni non era la stessa cosa di quella vera ma un po' alla volta migliorò, poi un po' meno schifo, poi quasi accettabile.
Ma ogni volta che volevo mollare, ripensavo a quel grazie anticipato. Come se fosse un patto silenzioso: io avevo già accettato di essere all'altezza.
Creammo workshop per i venditori più anziani, con pazienza quasi monacale. Sviluppammo un sistema ibrido: il tablet mostrava le varianti, i campioni fisici restavano protagonisti. Coinvolsi i rompiscatole più influenti nel progetto.
Non funzionò tutto. Dovemmo ridimensionare, posticipare. Ma il lancio avvenne.
E la cosa assurda? Alla fine alcuni dei più accaniti oppositori si convertirono. "Beh, almeno pesa meno della valigia," ammise uno. "E i clienti pensano che siamo avanti," concesse un altro.
Alla chiusura del progetto, il capo disse solo: "Ti avevo ringraziato in anticipo mesi fa, e oggi posso dire che quel ringraziamento era meritato."
Da allora ringrazio in anticipo.
Non per manipolare, ma perché crea uno spazio in cui le persone possono crescere fino a diventare quella versione di sé che ancora non vedono, ma che qualcun altro ha intravisto.
Nella mia esperienza ha funzionato e se dovessi fornire qualche consiglio più specifico direi di fare comunque attenzione, non generalizzare, specificare e non rendere la gratitudine, anticipata o meno, un evento sporadico, teatrale e non autentico.
La gratitudine specifica, non generica
Non è la stessa cosa dire "grazie in anticipo" e "ti ringrazio anticipatamente per la precisione che metterai nell'analizzare questi dati, sapendo quanto sarà cruciale per le nostre decisioni". La prima è una formula vuota, la seconda è un riconoscimento del valore unico che quella persona porterà. È la differenza tra un timbro e una firma autentica.
Qualche consiglio più specifico
I rituali di avvio basati sulla fiducia
I rituali non sono semplici abitudini sono dichiarazioni di valori. Quando iniziamo ogni progetto riconoscendo il potenziale non ancora espresso di ogni persona presente, stiamo dichiarando che vediamo già ciò che ancora non è visibile. È un atto di coraggio manageriale che genera coraggio reciproco.
L'approccio del "feed-forward"
Il feedback guarda al passato, il feed-forward illumina il futuro. Combinare indicazioni di miglioramento con l'espressione di fiducia nelle capacità future crea un contesto dove la critica non minaccia l'identità, ma la rafforza.
L'equilibrio con accountability chiara
La fiducia senza responsabilità diventa permissivismo. La responsabilità senza fiducia diventa controllo. La magia accade nell'equilibrio quando la gratitudine anticipata si accompagna a obiettivi chiari e condivisi.
Prego... anzi figurati, non dirlo nemmeno (obiezioni e altre cose interessanti)
Sarebbe intellettualmente disonesto e francamente noioso presentare la gratitudine anticipata come una formula magica priva di ambivalenze. La mia esperienza diretta sul campo mi ha mostrato che ci sono ombre e complessità che meritano un'analisi onesta.
Una, come dicevamo all'inizio, è di tipo culturale: ringraziare prima sembra un ossimoro, una dissonanza temporale. La seconda, più calzante, è il rischio di trasformare la gratitudine anticipata in una formula retorica e manipolativa. Una sorta di captatio produttivitate, per così dire.
Questa preoccupazione in realtà è molto semplice da superare. Basta fare la necessaria distinzione: la gratitudine come formula linguistica e la gratitudine come esperienza emotiva autentica sono due universi diversi.
La prima è superficie, convenzione sociale, a volte maschera. La seconda è sostanza, connessione umana, sempre trasformazione. È questa seconda forma che ci interessa qui.
Quando diciamo "grazie in anticipo" possiamo farlo come espressione vuota, un espediente retorico che risuona cavo oppure come manifestazione autentica di fiducia. Non stiamo cercando una formula magica per manipolare le persone a produrre di più. Sarebbe non solo inefficace, ma eticamente discutibile.
Ciò che stiamo esplorando è cosa accade quando la gratitudine smette di essere una formula di cortesia e diventa un atto di fiducia preventiva.
La seconda preoccupazione è molto più fondata e interessante. Il rischio è trasformare la gratitudine anticipata, un "grazie per quello che farai" in pressione, e l'atteggiamento del leader in una performance, finta, di autenticità.
Il rischio di apparire inautentici o manipolativi esiste ma più che nell'uso di una parola, di un grazie, è qualcosa da ricercare probabilmente più a fondo.
È curioso notare come questo tema trovi un parallelo nell'evoluzione linguistica del suo complemento: il "prego". Negli ultimi anni, questa classica risposta al ringraziamento sta cedendo il passo a formule più informali come "figurati", "di niente", "ci mancherebbe". 10Secondo i linguisti, il motivo è che "prego" può suonare presuntuoso, come se stessimo confermando di aver fatto qualcosa di speciale, meritevole di gratitudine. Ma nel passare a "nessun problema", paradossalmente comunichiamo che l'altro ci stava creando un problema. Nel figurati, di niente, non dirlo nemmeno stiamo in qualche modo veicolando che non vi era un reale motivo di ringraziamento e si trattava solo di un'espressione formale alla quale rispondiamo in maniera formale…
Ancora una volta, le parole sono importanti, le intenzioni però, specie in azienda, di più…
Tornando alla Edmondson: una delle sue intuizioni più potenti era proprio che "preoccuparci di come veniamo percepiti ci impedisce di dare il massimo". Dunque, temiamo che la gratitudine anticipata non funzioni o venga fraintesa? Se può essere fraintesa, forse c'è qualcosa di importante nel clima aziendale sul quale lavorare prima. La gratitudine anticipata, in questo senso, diventa non solo uno strumento di leadership, ma anche un termometro della salute relazionale dell'organizzazione.
La grande scommessa
Edgar Morin, il filosofo della complessità, ci ha insegnato che "vivere è una navigazione in un oceano di incertezze attraverso arcipelaghi di certezze." In questo oceano, ci dice Morin, ogni azione è essenzialmente una scommessa. La gratitudine anticipata può essere vista esattamente in questa luce: non è solo un deposito nel conto corrente emotivo, ma una scommessa strategica sul potenziale umano. È riconoscere che, nell'incertezza fondamentale delle relazioni umane, la fiducia preventiva non è ingenuità è navigazione sapiente.
Un leader che esprime gratitudine anticipata non sta facendo un complimento - sta facendo una dichiarazione coraggiosa: "Scommetto su di te. Non per ingenuità, ma perché ho navigato abbastanza nell'oceano delle relazioni umane per sapere che la fiducia preventiva sveglia giganti addormentati dentro le persone. Giganti che nessun sistema di controllo riuscirebbe mai a risvegliare."
La domanda dunque non è se possiamo permetterci di esprimere gratitudine prima dei risultati. La vera domanda è: possiamo permetterci di non farlo?
Grazie per aver letto fino a qui.
Continuo a credere che si possa lavorare bene senza indurirsi, guidare senza perdere contatto, ottenere risultati senza smettere di essere umani.
Se anche solo una frase di questa newsletter accompagna una tua decisione nei prossimi giorni, allora abbiamo fatto un pezzo di strada insieme.
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Note
Ho avuto il piacere di confrontarmi con lui in occasione del Leadership Forum organizzato da Performance Strategies. Ne parla approfonditamente in La velocità della fiducia. The speed of trust. L'unica cosa che cambia tutto.
In uno studio condotto da Francesca Gino (Harvard Business School) e Adam Grant (Wharton School), un gruppo di raccoglitori fondi universitari che aveva ricevuto un semplice ringraziamento dal proprio supervisore ha aumentato il numero di chiamate effettuate del 50% rispetto al gruppo di controllo. https://news.harvard.edu/gazette/story/2013/03/the-power-of-thanks/
La vera fiducia è sempre anticipata. Se so già come andranno le cose, quella è una prova. La fiducia entra in gioco prima di sapere come vanno effettivamente le cose. La gratitudine anticipata è un modo potentissimo di esprimere la fiducia.
Io grazie te lo dico ora e sempre per l’eternità 🙏🏼🙏🏼🙏🏼🙏🏼💖💖💖💖